La Terza Sezione della Corte di Cassazione ha confermato l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Brescia che aveva applicato agli indagati la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di cui all’art. 416 c.p.
Agli indagati era stata contestata l’associazione per delinquere, per aver aperto una piattaforma informatica operante nel cd. Dark Web, attraverso la
quale gestivano un market on line di “contrabbando di armi, spaccio di sostanza stupefacente, vendita di monete contraffatte”.
La Cassazione, rigettando le doglianze dei difensori sulla eccessiva rigidità della misura, ha ritenuto che, stante la natura e le modalità con cui è stato commesso il reato "una misura meno afflittiva non sarebbe stata idonea a preservare dal pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose” tenuto conto che, non avendo rivelato le credenziali di accesso, gli indagati avrebbero continuato ad utilizzare la piattaforma anche in regime di arresti domiciliari mediante computer o smartphone.
[Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-02-2020) 23-03-2020, n. 10485]
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